...fermiamoci ad osservare

martedì 15 febbraio 2011

Un pezzo di biografia.....


Mi piacerebbe dire pagina 15, ma, ahimè…

Che dire di questo viaggio? Cominciamo da:
Dove:
Africa, si ma l’Africa è grande! Dettagli?
Eritrea, Asmara, 2400 metri sul livello del mare,              
capitale, 580 mila abitanti, clima mite, sempre!
Quando:
Gennaio 2005, nel mezzo di un’emozionante carriera studentesca alla scuola di teatro di Milano; freddo, neve. Qui.
Perché:
Beh, qui si va sul personale: storia d’amore appena finita, tristezza deprimente, infinita voglia di scappare da tutto, anche da ciò che più amo e che più mi appassiona, dalla famiglia, dagli amici. Desiderio di riscatto, forse, bisogno di capire, imparare, adattarsi, soprattutto, senza dubbio!
Compagni di viaggio:
La zia Elena, qui, Hyman Isaac, lì. Mio cugino Luca, ovvio.
Durata del viaggio:
Un mese, 28 giorni girando parecchio, spaziando tra città libere e città occupate dai militari, visitando paesi costruiti con sacchi di riso griffati U.S.A. ed enormi canne di bambù, affiancati da pazzesche ville; bianche le mura, bianche le persone dietro le finestre. 28 lunghissimi giorni di fame, 28 brevissimi giorni di bellezza pura e semplice.
Durata del volo:
Ecco bravo, partiamo da qui. Il volo. Prendere un aereo e partire, salire su una cosa enorme che corre fino ad alzarsi e arrivare in cielo, in cielo, nulla sotto se non il vuoto, il vento, le nuvole e in fondo, lontano, il mondo, con tutte le sue storie, le sue sfaccettature e ovviamente le sue paure. 8 ore! 8 stramaledettissime ore.
Il mio primo volo. La prima volta che affronto la gravità e soprattutto le vertigini.
Ecco sì, di questo voglio parlare; le vertigini sono una cosa che nessuno, nessuno può assolutamente capire se non ne soffre. Nessuno. E lo ripeterò sempre, nessuno. Non puoi immaginare cosa provi il mio corpo, il mio cervello, il mio cuore; non puoi assolutamente percepire dentro di te il panico, limpido, brutale e misterioso che aggredisce il sistema nervoso di una persona che ne soffre. Non puoi.
Mio cugino, io lo amo, per me è un fratello, mi ha dato tanto ed ha sempre fatto parte di me, è vero, ma purtroppo per me e non molto per lui, ha le mani sporche del mio terrore dal giorno in cui per scherzo ha rischiato di farmi cadere dal balcone del settimo piano di un palazzo di quartiere Olmi.
E allora dai, descrivimi questo terrore.
Dimentica per un attimo il panico del primo volo, quindi l’attesa, la paura di mangiare prima del decollo, l’ansia del simpatico racconto di questa meravigliosa creatura africana che mi mostra cosa fare quando l’aereo cadrà; la paura nel sentire il rombo dei motori sotto il culo e vedere la pista correre sempre più veloce sotto l’ala, fuori dal finestrino. Pensa al cuore che diventa un martello pneumatico impazzito che scappa dalle mani di un muratore ubriaco, pensa al cervello che si schiaccia come un palloncino bucato che dal soffitto neanche troppo lentamente scende giù fino al pavimento; immagina 150 sedili con teste appoggiate che non fanno altro che girare come su una ruota panoramica, aggiungici il fastidio di dar di stomaco davanti a tutte queste facce. Sei solo ad un terzo di ciò che provo io quando sotto il culo non ho la mia dannatissima amata terra!

      

1 commento:

  1. sempre più di te...ciò che sei dentro ,ma che non appare fuori...!!!!

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