...fermiamoci ad osservare

venerdì 18 febbraio 2011

Incondizionato e reciproco


Sono le otto. La cena è quasi pronta. Squilla il citofono.
“Sono arrivati”, dice papà.
Sono così felice quando sento quel suono: arriva quasi sempre qualcuno subito dopo a salutarmi. Ma a volte invece ne resto deluso; magari suona, qualcuno risponde e non succede nient’altro.
Ma oggi sì. Oggi arrivano gli zii e i cugini. Mi metto davanti alla porta. Aspetto. Ho troppa voglia di salutarli e di saltargli addosso e di baciarli e di annusarli e di toccarli. Fremo.
Toc toc.
Eccoli eccoli eccoli!
Papà apre la porta lentamente ed io mi intrufolo nell’unico spazio libero che mi lascia impedendo quasi anche al freddo di entrare. Saluto lo zio, la zia, il cugino e la cuginetta. Li scavalco tutti uno dopo l’altro fino all’ultimo, sovrastandoli completamente e poi torno al primo e lo saluto di nuovo e poi ancora il terzo e di nuovo il secondo senza tralasciare l’ennesimo saluto al quarto. Voglio subito tutta la loro attenzione. Amo la loro attenzione. Che profumi hanno. Che odore. Mi inebria. Per questo li adoro. I miei zii e cugini preferiti.
Si tolgono le giacche e papà le mette in camera da letto ed io resto solo con la famiglia.
“Ehi tu! Auguri signorina!!”, dice mio zio alla mamma.
“Ciao bellissimoooo”, dice la cuginetta a me.
“Vieni qui, fatti abbracciare, voglio stringerti forte. Mi sei mancato sai? Eh? Lo sai? Ma si che lo sai certo piccolo mostro”, mi scompiglia tutto ogni volta che mi abbraccia. La adoro. E sì, mi è mancata anche lei. Moltissimo. Amo quando mi chiama piccolo mostro. Amo.
“Ah, ma quale signorina e signorina; ormai cado a pezzi giorno dopo giorno, ma sono ancora qui e sai bene che non ho intenzione di andarmene; nossignore!”; la mamma ha sessantasette anni e dice di portarseli male, ma io credo che si sbagli. Io penso che lei sia una delle signore anziane più giovanili che conosco! Ma forse sono un po’ di parte. Ha tutta una serie di acciacchi poverina, mi fa tanta tenerezza, ma io ne faccio tanta a lei, quindi siamo pari. Non mi vergogno mai di esprimere ciò che provo, è la mia natura, anche se lo faccio più fisicamente che verbalmente, non reprimo mai; se c’è da arrabbiarsi tiro fuori i denti, se c’è da gioire salto come un mandrillo e se sono triste mi metto in un angolo da solo e me ne sto buono buono in silenzio.
Vedo lo zio abbracciare la mamma e non posso fare a meno di staccarmi dalle coccole della cugina e unirmi a loro. Amo gli abbracci di gruppo anche se non mi vengono benissimo; riesco sempre a restarne leggermente tagliato fuori. Ma me li godo lo stesso e mi godo questo, ora. Quanto calore. Quanta gioia.
Terminate le effusioni d’amore è ora di mangiare. Il menù è melodia pura. Tagliatelle al forno con tanta mozzarella filante accostate ad un buon Cabernet d’annata; di secondo la mamma ha preparato pollo al sugo, ma non un pollo al sugo qualsiasi, no! Il suo pollo al sugo! È strepitoso! Solo gli odori che echeggiano nell’aria mi fanno inondare la bocca di saliva e vorrei subito saltare sul piatto e sbranarmi tutto in un boccone per poi ricominciare d’accapo senza tregua. Vorrei chiudermi il buco nello stomaco voracemente e poi gustarmi ogni sapore e ogni delizia che le sue mani sono in grado di creare. Ma non posso. Non posso mangiare queste cose, queste prelibatezze; mi fanno male. Devo seguire una dieta particolare studiata apposta per il mio povero stomaco ribelle. Solo ogni tanto ho l’onore di mangiarle. E credo proprio che stasera sia la sera giusta! Non vedo l’ora!!
La cena prosegue magnificamente con risate racconti aneddoti forchettate bicchieri di vino e di Coca Cola; io ho già finito di mangiare e osservo; amo, adoro osservare; tutto, compreso i dettagli. Ad esempio mi piace vedere come mamma alzi gli occhi al soffitto ogni volta che ingoia; un attimo solo, ma lo fa; sembra quasi voler ringraziare il cielo per poter godere di tanto sapore. Papà invece prima di bere un sorso di vino lo annusa da vicino, sempre; chissà a cosa pensa quando lo fa. Lo zio invece, ah lui è un genio: mastica qualcosa come quarantasette volte virgola nove ogni boccone che deve ingoiare! Ma come fa? Io quando ho fame… divoro tutto in un nanosecondo!
È il mio turno. Sì! Meraviglia delle meraviglie vieni a me! Una manciata di tagliatelle. Gnam. Divoro. Un’intera coscia di pollo al sugo! Gnam. Divoro. Grande, grande festa oggi. In un attimo è tutto finito, ma ragazzi, che sensazione, che oblio queste portate.
Dopo la frutta, che non amo alla follia, ma se c’è non la rifiuto di certo, arriva il dolce. Apriti cielo! Torta Sacher. Si può immaginare qualcosa al mondo di più sfizioso? No. Non io. Non c’è nulla che mi faccia lacrimare gli occhi più di una torta di Sacher. La marmellata all’interno è oro colato; il cioccolato poi, santo cielo! Prego che me ne concedano una fettina minuscola; anche solo una leccata di dito! Sarebbe uno dei giorni più belli di tutta la mia vita.
Mangiano, mangiano, mangiano tutti. E la mangiano tutta. Mi avvicino alla mamma, le faccio gli occhi tristi e dolci come quella torta; lei mi vede; mi ama troppo la mamma per restare indifferente a questi miei occhi rossi e gonfi che chiedono pietà e implorano paradiso.
Eccola, la vedo che passa l’indice sul piatto e tira su un po’ di cioccolato. Che carina che sei mamma!! Hai preso persino un angolo di marmellata. Ti amo. Allunga la mano verso di me.
“Goditelo amore mio. Goditelo.”
Oh sì, mamma, questo sì. Apro la bocca; aspetto; ma sono in fermento; sono agitato; emozionato; non capisco più niente, perché aspetta a darmelo? Voglio gustarmelo, adesso!
“Ah ah! Seduto!”. Ma come seduto? Andiamo mamma!!
“Seduto!”, ripete categorica.
Ok. Ok. Seduto.
Appoggio il sedere a terra.
“Piano, fai piano…”, questa volta il tono è dolce, delicato, proprio come il sapore che la mia lingua percepisce appena il suo dito entra in questa mia enorme galleria gustativa.
Buono. Impareggiabile. Sublime.
Una delle serate più belle della mia esistenza.
“Bravo Willy, bravo amore della mamma”. Mi fa una carezza tenera sulla testa, si china, mi da un bacio sul naso e mi stringe forte la testa come a dire… quanto ti voglio bene?!
Poi mi guarda dritto negli occhi, mi porge il palmo della mano e dice:
“Dammi la zampa tesoro; su, dammi la zampa…”. Ha gli occhi più belli che io abbia mai visto e il sorriso più sincero che io possa mai desiderare.
Certo mamma. Te la meriti davvero.
Poggio la zampa sulla sua mano e scodinzolo felice.
“Bravo cagnolino. Bravo.”

7 commenti:

  1. Originale e ben scritto!

    RispondiElimina
  2. come ti ho già detto mi hai strappato una lacrima... se Pluto leggesse si riconoscerebbe.
    si si, ho ricominciato a scrivere... follow me... baci Francesca

    RispondiElimina
  3. ah...questo l'ho capito dall'inizio, perchè il cane di mia zia fa esattamente così, dagli abbracci di gruppo in poi...e quindi gli perdono di aver scritto sbagliato il nome della torta (sacher).Hip hip urrà!

    RispondiElimina
  4. Sgamato subito!!! Ma solo perchè avendo un cane...tra l'altro enorme...mi rivedo e rivedo lui in questo racconto..
    Bravo molto carino..

    RispondiElimina
  5. artemisia.... grazie!!! e tidò..mi fa anche piacere che alcuni lo capiscano subito... è bello arrivare alla fine e dire..lo sapevooooo!!! o no??!!! è divertente!!!
    domani passo da te!! :)))))))

    RispondiElimina

bisbigli tra le righe