...fermiamoci ad osservare

mercoledì 16 febbraio 2011

Autoreggenti e palloncini

Esercizio corso di scrittura creativa.
Tema: come passa il Natale una prostituta?
Nella mia fantasia di un mondo un pò più bello, ma solo leggermente, lo passa così.

Musica di: Police. Video di: George Michael.



                                              Autoreggenti e palloncini

Odio il Natale, oggi. Soprattutto la vigilia di Natale, oggi. Alzarsi dal letto è difficile, apro gli occhi, la luce che mi ha svegliata arriva dalla finestra del bagno, devo aver dimenticato la porta aperta come sempre; sul soffitto la solita crepa a forma di diamante mi dà il suo personale buongiorno, ricordandomi perché faccio quello che faccio. Un rantolo pieno di odio sfugge dalle mie labbra. Silenzioso, un palloncino a forma di giraffa, osserva il mio perfetto corpo maltrattato. Mi siedo sul letto con le gambe a penzoloni, guardandomi i piedi, gonfi e rovinati dalle scarpe troppo strette; il dito medio è da rismaltare, penso distrattamente, poi mi alzo osservando i vestiti sul pavimento; top, minigonne, reggiseni di pizzo, tanga leopardati, calze rotte, pellicce finte. Prendo una sigaretta dalla borsa e mi soffermo un attimo sulla scatola di preservativi colorati ed il naso da pagliaccio che mi regalò Sara da bambina, quando ancora eravamo unite, quando ancora avevo una sorella.
Ho sonno. Raccolgo i soldi dalle lenzuola; li osservo con occhi gonfi e rossi, li annuso come fossero gigli profumati, li strofino sulla pelle ruvida, stanca e rovinata dal freddo. Nello specchio un ghigno diabolico mi fissa come fossi una sconosciuta, additandomi, forse, giudicandomi.
“Che cazzo guardi sgualdrina?”
Mi gira un po’ la testa e mi tremano le mani, ho una strana sensazione oggi, brutta.

Sono le due di notte e ho già avuto la bellezza di undici clienti, è una notte redditizia, ci son un sacco di porci maniaci in giro a Natale. Domattina mi farò un bel regalino.
“Ehi… come ti chiami?”
“Sally… e tu tesoro?”
“Sally… quanto vuoi, Sally?”
Apro lo sportello. Salgo. Guardo il falò acceso accanto al marciapiede, la lattina di cocacola schiacciata, i mozziconi sporchi di rossetto e fango. Chiudo; il fuoco perde una tonalità, la lattina diventa più piccola, le sigarette scompaiono nell’oscurità di un vicolo indecoroso; il mio preferito. Questa macchina puzza, di formaggio, forse, o di muffa; la radio è accesa e, cantando, parla con me; dice:
“Roxanne, you don’t have to put on the red light, Roxanne, You don't have to sell your body to the night“. Fisso le palline marroni del rosario pendente dallo specchietto mentre la sua mano si poggia sulla mia coscia; you don’t have to wear the dress tonight; già, non dovrei. Dovrei sputargli in faccia e andarmene a casa.
Il riscaldamento non funziona, oppure questo schifo d’uomo non crede sia il caso di accenderlo.
“Allora Sally, da dove vogliamo cominciare?“
Non vogliamo, non vogliamo affatto; desidero solo un bagno caldo, bollente, con tanta schiuma e un buon profumo di muschio bianco; magari con un calice di Merlot in mano e le dolci melodie di Chopin in sottofondo, sarebbe stupendo, già. Sarebbe Natale.
Il condom lo offro io, come sempre, walk the streets for money è il mio lavoro; lui offrirà solo vergogna e fastidio e puzza, come tutti gli altri ma you don’t care if it’s wrong or if it’s right. Stringo i denti, tra mezz’ora sarò a casa.

I vetri appannati dai respiri animaleschi di un mostro natalizio celano al mondo una violenza inutile ed ingiustificata; sotto la forza dei pugni il freddo sembra quasi svanire; quelle palline marroni appese allo specchietto retrovisore sembrano danzare felici e spensierate, seguendo un ritmo aspro di colpi di ventre e mani ghiacciate su un viso livido ed impotente, mentre i miei occhi maledicono quella croce.
Autoreggenti timide. Reggiseno malinconico: Tanga leopardato con la coda tra le gambe. Un rossetto a tre corsie su una faccia a senso unico.

La portiera si apre senza voglia,
ne esce un corpo senza gioia.
Cade triste sul cemento
sguardo fisso ascolta il vento.
Delle urla in lontananza
aspettando l’ambulanza,
è natale da tre ore
però ancora batte il cuore.
Però ancora… batte il cuore.

Quanto è lunga una giornata? Quanto può essere stancante? Dipende da come la vivi, da cosa fai, da quanti anni hai, dalle aspettative, da come avevi previsto che sarebbe andata. Oggi, nonostante tutto, sta andando bene, sono felice ed è un bel giorno. Amo il Natale, oggi, amo la gioia nei negozi, l’allegria sotto gli alberi e l’amore nei fiocchetti colorati. Amo poterlo trascorrere in ospedale, portare un pizzico di gioia dove manca e sentirmi ricambiata di un sorriso.
Mi dipingo la faccia di bianco, un sorriso giallo enorme, mi infilo il naso rosso, la parrucca dai grossi riccioli color fuoco, le lunghe scarpe marroni, i fiori nel taschino e i pantaloni a scacchi; il labbro mi si arriccia indispettito in una smorfia di dolore, passandomi il rossetto su un graffio che pulsa ma che, lo so, guarirà in pochi giorni. Mi piace travestirmi, specialmente in ospedale, alla luce del sole; soprattutto per i bimbi; mi fa sentire a casa, al sicuro.
Studio il mio viso allo specchio, controllo il colore, le rifiniture, i dettagli, amo i dettagli: una piccola lentiggine sul volto di una bambina mora, il mignolo corto di una mano da pianista, il blu di un semaforo verde. Sento il cuore sotto il reggiseno battere a ritmo di un notturno di Chopin che mi riempie i pensieri, sento il suono delle ambulanze che arrivano piene di tristezza, come ogni giorno.
Sorrido a me stessa, sorrido ad un clown.
Oggi sono di turno al reparto leucemia, qui i bimbi sono stanchi e sconfitti, qui io servo più che mai. Li guardo entrare nella stanza ricreativa, da lontano, trattengo il respiro sperando che rimangano dentro anche le lacrime; controllo i palloncini, i fiori e la trombetta; chiudo gli occhi un momento; visualizzo la gioia dentro di me; sono pronta.
Mi avvio verso di loro con una decina di denti birichini che sorridono ai muri bianchi.
“Ehi… come ti chiami?”. Le minuscole dita di una bambina dai lunghi capelli rossi si incollano curiose alla mia manica e facendo su e giù, per attirare un pizzico in più la mia attenzione, mi fanno sembrare un pagliaccio che trattiene a stento la voglia impetuosa di ballare.
“Sally… e tu tesoro?“
“Sally… me lo fai un dinosauro?“. Il suo viso, così innocente e furbo allo stesso tempo, mi ricorda la mia amata sorellina.
“Certo tesoro, ma solo se mi dici il tuo nome.“
“Mi chiamo Sara e il dinosauro lo vorrei rosso!“. Dolce quella pausa ogni due parole per prendere aria, tenera.
“Sei bellissima Sara, ecco tieni, il tuo dinasauro; buon Natale tesoro.“

E furono colori furono risate,
nasi rossi e mani argentate.
Furono lacrime furono sorrisi,
palloni gialli e fiordalisi.
Furono gioia furono speranza,
cravatte verdi e giri di danza.
Furono per sempre bambini felici
un reggicalze una giraffa ed un clown in bici.




5 commenti:

  1. ..."Sally cammina per la strada senza nemmeno guardare per terra. Sally è una donna che non ha più voglia di fare la guerra"

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  2. vorrei scrivere all infinito per cercare di spiegare con le parole,ciò che ho provato leggendo,sono triste,commossa,avrei voluto continuasse...riesci a toccare punti profondi in chi ti legge...

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  3. Ottimo questo racconto: ho davvero apprezzato la scrittura, la precisione dei dettagli,il contenuto singolare!

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  4. Sally è una donna che non ha più voglia di fare la guerra [una delle mie canzoni preferite]

    Un racconto davvero toccante. Sei grande.

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  5. grazie Barbara!!! :)))

    e aggiungerei....
    votavasco votavasco votavasco!!!

    ;)))))))))))

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